Manovre tattiche di avvicinamento per una «nuova categoria» di organismi geneticamente modificati: le multinazionali premono per legalizzare e liberalizzare quelle che oggi vengono chiamate Nbt, New breeding techniques, e il Consiglio di Stato francese aveva sollevato il problema portandolo davanti alla Corte di giustizia europea, che avrebbe dovuto decidere lo scorso 3 ottobre. Così non è stato e il delicatissimo pronunciamento è stato rimandato a febbraio o marzo 2018. Il martelletto dei giudici supremi dell’Unione potrebbe bloccare i tentativi di sdoganare le nuove tecnologie per la modificazione genetica, oppure potrebbe invece aprire un varco, creare un precedente, spianare la strada a prodotti Ogm ignorando le richieste di garanzia e sicurezza della società civile.
Nessuno è in grado di prevedere che cosa accadrà. Ma tutti sanno che sarà un momento chiave per l’agricoltura europea. In tutti questi anni il vecchio continente è riuscito quasi del tutto a tenere fuori dai suoi confini gli organismi geneticamente modificati. Il principio di precauzione è stato un fondamentale appiglio, ma stavolta è diverso. Le lobby dell’industria hanno «mangiato la foglia», sviluppando altre tecniche e pubblicizzandole come «più raffinate» per cambiare i connotati delle piante in laboratorio. Le hanno chiamate New breeding techniques, perché usare un linguaggio diverso non fa mai male. In Italia le presentano addirittura come «biotecnologie sostenibili», ma non convincono affatto molti scienziati, contadini e associazioni ambientaliste. In tutto ciò, la cosa più preoccupante è che i cittadini restano in gran parte all’oscuro di tutto. E potrebbero trovarsi i nuovi Ogm nel piatto tra meno di un anno senza poterli più rifiutare. Ma vediamo cosa sono effettivamente le Nbt.Nuove tecniche, vecchi pericoli
Sviluppate negli ultimi vent’anni, le Nbt sono tecniche di manipolazione genetica con lo scopo dichiarato di modificare il Dna in maniera più «minuziosa» rispetto agli Ogm tradizionali. Sostanzialmente, stando alla tesi di chi ne sostiene l’efficacia e ne richiede la deregolamentazione, si può interrompere il funziona mento di un gene, sostituire o inserire sequenze genetiche in punti del genoma più precisi rispetto a prima, per arrivare alla creazione di nuove varietà vegetali con tratti e caratteristiche che rispondano con un grado maggiore di prevedibilità alle esigenze e alle finalità di chi le crea in laboratorio. Ed è proprio su questa presunta maggior precisione che l’industria e parte della scienza stanno insistendo per convincere l’Europa che i prodotti di queste nuove biotecnologie non rappresenterebbero un potenziale pericolo.
Ma al momento non ci sono studi che attestino quanto questa procedura sia sicura e che ne abbiano valutato l’impatto sull’ambiente e sulla salute. Peraltro il piano d’attacco, ormai varato, alla legislazione comunitaria segue una strada che appare pensata per offrire una risposta rassicurante: nei nuovi organismi, sostengono i promotori, saranno inserite solo sequenze provenienti da specie affini. Quindi, è la tesi, dovremmo attenderci meno sorprese e meno pericoli. Sarà vero? Niente fragole resistenti al freddo grazie ai geni della sogliola del Mar Baltico, dunque? Ma questo significa veramente che sia tutto sotto controllo? Molto probabilmente no, ma è la giustificazione utilizzata per cercare di sfuggire alle maglie della normativa sugli Ogm.
E non mancano le agenzie e i think tank1 che supportano la deregolamentazione delle Nbt nell’Unione europea, ignorando le ricerche scientifiche che invitano alla cautela. I nuovi mezzi del biotech, infatti, non sfuggono ai rischi tipici della transgenesi: inserimento impreciso di geni nell’organismo ricevente, risposte indesiderate conseguenti all’inserimento ed effetti fuori bersaglio («off-target effects»), con conseguenze imponderabili per l’ambiente e la salute umana. Tutte queste incognite possono moltiplicarsi con l’utilizzo combinato delle diverse tecniche su un unico organismo.
Nonostante tutto, i gruppi di interesse del settore dipingono un futuro in cui la tecnologia renderà frutti, ortaggi e cereali capaci di rispondere alle più grandi sfide del presente, come l’aumento della siccità e il cambiamento climatico, ma anche del passato, come le infestanti o i parassiti. Per le organizzazioni ambientaliste e i movimenti contadini, invece, le Nbt sono l’ennesimo tentativo di far rientrare dalla finestra, senza etichette né controlli di sicurezza, gli Ogm tanto osteggiati dai consumatori, nemmeno ancora del tutto usciti dalla porta.
«Quello che ci serve non sono gli Ogm, vecchi o nuovi che siano, ma un cambio di paradigma» sottolinea Federica Ferrario, responsabile della campagna agricoltura sostenibile di Greenpeace.
«Abbiamo bisogno di un sistema alimentare basato sulla diversità invece che su infinite monocolture industriali. Queste nuove tecniche non fanno altro che perpetrare un sistema caratterizzato da brevetti, uso di sostanze chimiche di sintesi, perdita di biodiversità e concentrazione del potere in poche mani».
Nessun commento:
Posta un commento
Avvertenze da leggere prima di intervenire sul blog Voci Dalla Strada
Non sono consentiti:
- messaggi pubblicitari
- messaggi con linguaggio offensivo
- messaggi che contengono turpiloquio
- messaggi con contenuto razzista o sessista
- messaggi il cui contenuto costituisce una violazione delle leggi italiane (istigazione a delinquere o alla violenza, diffamazione, ecc.)